domenica 25 luglio 2010

"Smalltown boy"

Ho di recente riascoltato dopo tanto tempo "Smalltown boy" dei Bronsky Beat, un successone degli anni '80 che ha riacceso ricordi e sensazioni lontane.
L'anno per la precisione era il 1984, ed era la prima volta che vedevo raccontato in un video - in maniera così esplicita e "normale"- l'innamoramento di un ragazzo per un altro ragazzo.
Per come sentivo le cose all'epoca vedere dei gay o vedere delle lesbiche  suscitava in me lo stesso interesse e lo stesso meccanismo di empatia: il giovane Sommerville che guarda con amore il ragazzo che si tuffa nella piscina avrei potuto essere io - l'aria timida e impacciata, la sfiga del non essere ricambiato (be', lui al contrario di me ci aveva anche gentilmente provato, con esiti disastrosi), la vergogna dell'essere respinto dalla famiglia (ancora: be', la mia famiglia era ignara di me ma ero sicura che mai sarei stata accettata).
Insomma, quelle immagini rimasero impresse dentro me in profondità, quelle note erano la colonna sonora della mia malinconia, del mio senso di estraneità verso un mondo che vedevo così poco accogliente per gli omosessuali e le lesbiche.

mercoledì 14 luglio 2010

Sabrina di "Charlie's Angels"

Continuo con le mie rimembranze televisive ani 70/80: all'epoca guardavo veramente di tutto, compreso il famigerato "Charlie's Angels". Di quel telefilm ricordo poco e niente, se non la mia fascinazione per Sabrina (Kate Jackson) - non a caso la meno "bona" e femminile del cast. Non ricordo bene perchè Sabrina mi avesse così colpito - in fondo era fin troppo magra e dalle forme "aguzze" per essere il mio tipo.
Non credo di essere la sola lesbica che avesse un debole per Sabrina (debole che non è sopravvissuto al tempo limitato in cui guardai il telefilm - che da una parte rimaneva entro la visione abbastanza maschilista delle bone a disposizione dell'invisibile Charlie, dall'altra proponeva anche tra le prime volte una figura - anzi tre - di donna d'azione).
Non so se è per questo che tempo fa è stata partorita una specie di rivisitazione di "Charlie's Angels" in salsa lesbica che io ho visto sotto forma di divertente cortometraggio a uno dei festival del cinema gay; da quest'ultimo è stato tratto poi un film (che non ho visto) uscito anche nelle sale, e trovabile in dvd: "D.E.B.S. - Spie in minigonna" è il titolo.
Kate Jackson la ritroviamo successivamente in un film che ha fatto la storia del cinema gay: in "Making love" recita la parte della moglie di un uomo che dopo 8 anni di matrimonio si scopre gay e che poi va a vivere con il suo uomo. Ricordo che vidi il film tantissimo tempo fa, in un'epoca in cui si potevano vedere in tv (e non di notte) film come "Due donne in gara" ("Personal best", con Mariel Hemingway); anche se il film "Making love" era molto casto l'argomento trattato di certo non era usuale per la tv italiana.

giovedì 8 luglio 2010

Violenza di genere

Quand'ero più giovane e ingenua pensavo che fosse evidente che gli uomini avessero un serio problema  a gestire l'aggressività, e che le donne, tranne poche eccezioni, ne fossero le vittime principali.
In alcuni paesi extraeuropei questa violenza è quasi ratificata da usi e costumi patriarcali che neanche le leggi (là dove ci sono) riescono a sradicare.
Che la violenza maschile sia un portato della genetica e/o della cultura è argomento ancora di studi, discussioni, ecc. Che sia possibile minimizzare o addirittura negare ciò ha dell'incredibile, eppure è quello che avviene anche nella "moderna e civile" Italia, dove peraltro le uccisioni di donne da parte di uomini frustrati e incarogniti prosegue a ritmi allarmanti.
Qui nel blog molto seguìto di Meltiparaben nei commenti si ha una varietà di opinioni maschili a proposito della violenza di genere: tranne qualche rara eccezione c'è o una sottovalutazione del fenomeno e delle sue cause, o addirittura uno spostare l'argomento sullo stalking femminile.
Nel sito letterario di aNobii una discussione parla della recente sentenza della Cassazione che assolve il marito violento; anche qui dai commenti delle donne si evince che la sottovalutazione della violenza maschile è un tratto comune anche a sinistra (ma non è una sorpresa).
Vivere in un contesto in cui questo enorme problema non viene neanche avvertito come specifico e urgente ("bastano le leggi, chi usa violenza, uomini o donne, deve essere perseguito") significa perpetuare la cultura in cui la violenza si esplica: una cultura ancora profondamente maschilista e misogina, che vede con fastidio le persone che osano mettere in rilievo che la violenza maschile nasce da qualcosa di più profondo che uno scatto di nervi.
Se gli uomini non riescono a cominciare a mettersi in discussione, a mettere in discussione i loro stereotipi e  il loro modo di rapportarsi con le donne la violenza sarà sempre il terminale per una minoranza di loro, ma una minoranza forte e soprattutto letale. Bisogna andare a monte, e non solo pensare a leggi più efficaci per il "dopo"; e bisogna che cambi anche la mentalità delle donne deboli che non riescono a vedere la propria vita se non in funzione a quella di un uomo, qualsiasi esso sia.
Devo dire la verità: sono molto pessimista che la mentalità degli uomini a proposito di questo problema cambi in poco tempo. Basta dare uno sguardo intorno per vedere che l'humus in cui queste violenze avvengono è se possibile peggiorato: la donna è ancora vista in funzione di qualcosa - un corpo, una funzione da svolgere (la casalinga, la madre dei "miei" figli, la cuoca), l'assistente e la curatrice degli uomini bisognosi. C'è una misoginia nei mezzi di comunicazione, nei media, nei discorsi al bar, che si taglia col coltello.

venerdì 2 luglio 2010

Pubblicità sessista "ironica"

Non sempre sono stata sensibile come avrei dovuto al sessismo e alla misoginia che traspare dappertutto in questa povera Italia; non che una volta non me ne accorgessi o non mi importasse: semplicemente accumulavo passivamente opinioni, frasi, immagini, sottintesi come tante donne fanno perlopiù passivamente, rassegnate o addirittura stando al gioco maschile dell'"ironia", per non passare da rompicoglioni o femministe assatanate (basta poco eh, una frase di dissenso, un piccolo rifiuto ad adeguarsi allo stereotipo, ecc.).
Poi, diciamo la verità, l'essere lesbica m'ha risparmiato molte situazioni di contiguità con l'essere maschile e di conseguenza molte rotture di scatole (non tutte, che le mie belle molestie le ho avute come tutte le donne, via, e non basta essere poco attraenti per esserne risparmiate del tutto); la mia attenzione poi era rivolta ai miei problemi di socialità lesbica - di come venivo considerata dal maschio poco m'importava.
Adesso che sono un po' fuori da tante problematiche e socializzazioni mi rendo conto di quanto fastidio sotto sotto avessi accumulato vivendo in una società ancora maschilista come questa. L'avvento dell'era berlusconiana  non ha fatto che accentuare certe dinamiche già presenti ancora prima (nulla viene fuori dal nulla). Inutile parlare del becero maschilismo del "nostro" premier e della classe politica a lui affine, del velinismo, dell'imperversare di tette e culi a ogni ora e ormai in ogni rete televisiva, non solo le Mediaset; alle pubblicità di ogni tipo (carta stampata, cartelloni, tv) in cui la donna è carne esposta un tanto al chilo, ecc.  - sono cose note a chi ha occhi per vedere.
Questa è la parte visibile di una cultura ancora profondamente sessista anche nei numeri ( basta essere un minimo informati per conoscere la distanza che ci separa da altri paesi in termini di parità uomo donna nei lavori - specie nei livelli più alti, dirigenziali - nelle retribuzioni, nelle ore di lavoro domestico, ecc.); quello che a me più spaventa è il sostrato di questa parte "becera" del sessismo - quel sostrato che riguarda destra e sinistra, persone colte e persone ignoranti.
Uno pensa che certi traguardi siano dati per assodati, che da lì al limite non si va tanto avanti, ma non certo indietro - invece non è così. Forse è una mia impressione credere che tanti degli uomini di sinistra una volta non avrebbero mai giudicato superficialmente certe immagini o pubblicità scopertamente maschiliste o comunque piene di stereotipi di genere?
Leggere prego questo articolo di "Leonardo", blogger la cui fama lo ha portato a tenere una rubrica fissa sul sito de "L'Unità": lo indico solo perchè mi è capitato sott'occhio recentemente, ma è uno dei tanti segnali che arrivano da ambienti di "sinistra" riguardo la questione dell'immagine della donna.
Ora, dire che:
     "...lo spot Fernovus Saratoga non esibisce il corpo delle donne. Non lo fa..." 
e: "...Lo so che c'è del sessismo nel messaggio “è una vernice così facile che può usarla anche una donna senza sporcarsi”, però mi sembra un sessismo innocuo: credo che anche il giorno in cui le donne avranno raggiunto l'assoluta parità continueremo a raccontarci barzellette su donne che non sanno parcheggiare e uomini che non riescono ad accendere la lavatrice. Peraltro l'uomo dello spot (una faccia da culo perfetta, complimenti al casting) ha un ruolo piuttosto passivo: sono le due donne ad avere in mano, oltre al pennello, il controllo della situazione."
Prima cosa: una pubblicità non è che automaticamente è meno volgare o - come in questo caso - meno sessista perchè non esibisce il corpo nudo della donna!
Seconda cosa: il sessismo "innocuo" può esistere forse nei paesi dove di maschilismo e sessismo non ne hanno a vagonate come qui (forse il nord Europa, diciamo); in Italia aggiungere stereotipo a stereotipo non mi depotenzia niente, fa sorridere solo i maschietti che magari non hanno avuto fino ad adesso il coraggio di uscir fuori allo scoperto con i loro vecchi stereotipi e barzellette cretine e muffose.
Terza cosa: come si fa a dire che che le donne hanno il controllo della situazione! E' tutto in funzione del maschio, del suo sguardo, della sua approvazione (come al solito): mettere le donne al centro di qualsiasi rappresentazione e dire che è lei che conduce e dirige (come in "casa", dove la donna "regna" - come no, a stirare lavare cucinare - bell'impero che si è "costruita") è un vecchio discorso dell'uomo che è abile a ribaltare i termini delle cose, i rapporti di potere.
Quarta cosa: le barzellette sulle donne che non sanno parcheggiare girano ancora adesso (vedere i filmati su Youtube ), e girano in quantità industriale da decenni. Di contro degli uomini che non sanno accendere la lavatrice se ne accenna a livelli risibili, e quasi come una boutade simpatica: nessuno ci crede come invece si crede verità rivelata che tutte le donne siano incapaci di guidare (en passant, di maschi che non sanno parcheggiare ne vedo quotidianamente, e tanti!).

"Suvvia, un po' d'ironia..." dice il maschio italico di sinistra. Manco gli sfiora l'idea, a queste persone, che l'ironia ha poco senso in un paese dove ancora le donne devono dimostrare di non essere mignotte solo perchè si vogliono vestire come gli pare, che non sono acide e supponenti solo perchè non la dànno, che valgono come persone anche se sono "cozze", che se si sentono offese perchè vengono usate come carne nuda da abbinare a cose e prodotti non è perchè sono bigotte e moraliste, che se cercano la parità con l'uomo non è per castrarli o prendersi "delle rivincite" (tipico di questi uomini rovesciare sugli altri il proprio modo di pensare).
Come si fa a vedere uno spot come quello che ho linkato della Saratoga come una "raffinata" citazione del porno anni settanta/ottanta non lo so; cioè, lo sarà pure per chi con quei porno è cresciuto - sdoganiamo anche il porno allora (che non ha nulla a che fare con il sessismo e la visione della donna come oggetto sessuale, no no) - messaggio dunque rivolto a una minoranza: o no?
Comunque, facciamo che accogliamo lo stesso la "raffinata citazione": mi spiace di non avere gli strumenti culturali per decodificarla - e immagino come me gran parte del pubblico femminile. Questa pubblicità è troppo avanti coi tempi - supponendo un futuro (improbabile) dove il maschilismo del XX° e XXI° secolo siano cosa passata, una pubblicità del genere forse avrebbe anche senso: oggi mi sa di "giochetto" tra maschietti che ripensano con nostalgia ai filmetti porno soft della loro adolescenza - ancora un luogo del loro immaginario dove la donna è strumento, come al solito.