sabato 26 giugno 2010

Le mie giornate al 24° Festival Mix - 3

La giornata di venerdì è stata caratterizzata dallo sciopero organizzato da diversi sindacati per protestare contro la finanziaria: sciopero quindi dei mezzi di trasporto e anche dei lavoratori dello Strehler, che però hanno lavorato lo stesso per non far fermare il festival: gli organizzatori grati di ciò hanno chiuso la biglietteria e fatto entrare il pubblico gratis.

Prima giornata di proiezione dei corti gay e lesbici il pomeriggio: come è andata? Come sempre in questi casi  i video davvero interessanti sono una minima parte - il resto si divide tra i "così così" e gli "scarsi". Tra i primi corti posso segnalare una storia ambientata a Sarajevo (Pink River): le due ragazze che ebbero una relazione anni prima hanno preso due strade diverse: una è andata via dalla città considerata asfittica, l'altra ha deciso di mettere su famiglia e avere una facciata di rispettabilità sociale. Sprazzi di una Sarajevo che si intuisce ancora molto chiusa rispetto ai temi dell'omosessualità.
A seguire diversi corti dove il sesso l'ha fatta da padrone: "Lezzieflick" è un filmato abbastanza sperimentale che è tutto giocato su immagini manipolate (inizialmente con un'estetica e una colorazione anni 50/60) che si trasformano e pulsano al ritmo di effetti sonori che variano tra l'astratto e il realistico (l'ansimare di donne che fanno sesso). Molto difficile da descrivere, l'ho trovato comunque interessante e molto creativo. Di tutt'altra pasta un video di cui non ricordo il titolo (e il programma on line del Festival non m'aiuta) che è una specie di porno sadomaso (poco sadomaso a dire la verità per i patiti - tra cui non ci sono io) in cui c'è la "vittima" inseguita in un posto fatiscente da una "poliziotta" del tutto simile a lei nell'aspetto (capelli corti biondi, stesso viso e stesso corpo). Fotografia "sporca" (stile mosso/da reportage) e riprese praticamente in diretta degli orgasmi delle due - con abbondanza di primi piani.
Non sono una fan del sesso (mai stata, ma adesso ancor meno!): penso di aver fatto il pieno di fighe scopate e orgasmi per un bel po' (e complimenti agli uomini pur presenti che non sono fuggiti).
Più divertente un altro video con implicazioni sessuali in cui si vedono alternate scene di "lotta" di donne nude/seminude su letti/ring: spesso le immagini sono rallentate e rendono particolari questi corpi di donne che si rotolano, volano, intrecciano, abbracciano rudemente (almeno all'inizio!).

Ho saltato i corti gay per stanchezza, non altro. Ho fatto un giro alla libreria "Utopia" in fondo a Corso Garibaldi che ha sempre esposti dei libri davvero interessanti che non si vedono nelle altre librerie. Mi sono rifocillata e sono rientrata allo Strehler per vedere "Droll".
Ricordate la Laura Herring (la mora) di "Mullholland Drive"? Qui recita la parte di una moglie succube del marito rozzo violento e razzista, e madre di una figlia adolescente sprezzante (e dal pompino facile) e di un figlio di 13 anni represso e segretamente gay. Tutto il tono del film è volutamente sopra le righe, a tratti surreale, ma dotato di una vitalità e una comicità che mi hanno ripagato della fatica che ho fatto per tornare a casa (metro chiusa la sera, tram a singhiozzo)!
Temo che questo film non uscirà mai in Italia - peccato, e consiglio i conoscitori dell'inglese (e del relativo linguaggio scurrile che nel film abbonda) di procurarsene se possono.
La Herring tra l'altro mostra doti comiche non da poco, e a me (non è il mio tipo tra l'altro) sembra davvero molto più bella al naturale senza trucco - recita così per la maggior parte del film: grande!

Le mie giornate al 24° Festival Mix - 2

La stanchezza (di già!) ha iniziato a fare capolino l'altro ieri, seconda giornata (per me) a questo festival: dopo il film delle 19 mi è venuto un bel mal di testa, e alle 23 e 30 ero così cotta che ho lasciato il cinema nel mezzo dell'ultimo film.

"Hannah Free" è il mio film della giornata: racconta la storia della ormai anziana Hannah, immobilizzata a letto in un ospizio, che  desidererebbe solo poter rivedere per l'ultima volta la sua compagna di una vita - Rachel - che è in fin di vita nello stesso edificio, un'ala più in là. La figlia di Rachel non ha mai approvato la loro relazione e non permette ad Hannah di incontrarla ("si turberebbe" - ma se è in coma!).
Hannah e Rachel sono cresciute insieme in uno di quei posti belli ma sperduti dell'America dove c'è poco e niente: Rachel sceglie la strada della "normalità" sociale e si sposa (facendo 2 figli), mentre Hannah ha il pallino dei viaggi, sentendosi soffocare in quel piccolo limitato angolo di mondo. Molto presto però Rachel rimane vedova e la relazione tra lei e Hannah riprende (mai del tutto interrotta fin dall'infanzia); per tutta la vita però persiste la tensione tra un modello di vita casalingo e "nascosto" propugnato da Rachel, e quello libero e a viso aperto di Hannah, che continuerà periodicamente a compiere i suoi viaggi nel mondo.
Tutto questo è narrato in parte dalla vecchia Hannah, in parte attraverso dei flasback. Tutto il film si regge sulla interpretazione notevole di Sharon Gless che non è altri che la Christine Cagney del telefilm "New York New York" (chi si è beccato gli anni 80 non può dimenticarsi uno dei primi telefilm polizieschi ad alto tasso femminile: la partner della Gless era Tyne Daly, vista più recentemente nel telefilm "Il giudice Amy", bravissima anche lei).
 La recitazione ironica e dolente della Gless rende questo film godibile nonostante la scelta di alcune attrici non del tutto azzeccate (come la Rachel degli anni 50, o la Hannah giovane che però fisicamente è molto somigliante); l'attrice che invece interpreta la giovane bisnipote di Rachel (lei stessa lesbica, e che aiuterà Hannah a incontrare Rachel morente) è molto brava e pure carina (spero di vederla presto in altri film, merita davvero).

Alle 20 e 40 importante appuntamento con "Howl"(Urlo), che racconta la storia del poema più famoso di Allen Ginsberg attraverso tre piani narrativi diversi e paralleli: il famoso processo per oscenità all'editore del poema (Ferlinghetti), un'intervista a Ginsberg realizzata un paio d'anni dopo il processo (che si svolse nel 1955), la declamazione dei versi di "Howl" da parte dello stesso poeta in un locale, in parte accompagnati dalla visione di immagini animate in CG molto simboliche, cupe, oniriche - ma che riescono in qualche modo a seguire l'espressività dei versi.
Confesso che pur amando i libri e la letteratura di poesia ne mastico poca - e il periodo della beat generation  non mi affascina granchè. In questo film poi l'interpretazione di James Franco (il figlio di Osborn/Goblin  nei film de "L'uomo Ragno", visto anche in "Milk" e altri film) è da una parte molto intensa, dall'altra un po' enfatica, letteraria - ma ho l'impressione che fosse così originariamente Ginsberg.
Il film è ben fatto, davvero niente da dire (cameo di diversi attori abbastanza famosi nelle scene del processo - Jeff Daniels, Mary Louise Parker, ecc.); sono almeno contenta di aver approfondito la figura di questo "anticonformista" la cui vita di omosessuale fu pesantemente condizionata da retaggi religiosi sia ebraici che cristiani, e anche dalla malattia psichiatrica della madre (egli stesso passò qualche mese in un ospedale psichaitrico). La libertà espressiva, sessuale e intellettuale che cercava la generazione dei giovani nel dopoguerra fu trovata a caro prezzo - se mai lo fu.  Qui un articolo di Queerblog.

Terzo e ultimo film: "Eyes Wide Open", un film davvero particolare tutto ambientato nella comunità ortodossa ebraica di Gerusalemme. La storia è molto semplice: Aaron ha una macelleria, ereditata dal padre appena morto; in cerca di un aiutante ecco arrivare l'affascinante Ezri, studente di una scuola religiosa da poco arrivato in città (e vediamo anche che  aveva una relazione con un altro studente, che adesso lo respinge). Aaron come tutti gli ebrei ortodossi ha una moglie e diversi figli - una vita nel solco della tradizione; Ezri sconvolge questo quieto vivere asfittico e repressivo, tra preghiere e abitudini meccaniche. Si può intuire come possa andare a finire una relazione tra uomini in questo contesto (che io non ho visto perchè a metà film il mal di testa e la stanchezza l'hanno avuta vinta). Qui un post di Cadravexquis che ne fa una recensione.
Il film ha un suo naturale ritmo lento, fatto di pochi dialoghi, una fotografia un po' cupa, ambientazioni "sporche" e asfittiche - una Gerusalemme che forse non è possibile vedere da turisti. Decisamente per chi ha già poca simpatia per le versioni fondamentaliste delle varie declinazioni religiose avrà confermata con questo film tutta la propria avversione.

giovedì 24 giugno 2010

Le mie giornate al 24° Festival Mix

Quest'anno ho potuto prendermi un periodo di riposo coincidente con l'annuale Festival del cinema gay e lesbico di Milano. Da non molto la dicitura esatta della manifestazione è: (24°) Festival Mix di cinema gaylesbico & queer culture, e si svolge ormai da qualche anno al Teatro Strehler - davvero un'ottima locazione dopo averne provate di scomode in passato.
Non sono andata alla giornata inaugurale, il 22 giugno, ma ieri ho visto tutti e tre i film in programma.  Alle 19 hanno proiettato "Redwoods" (Sequoie) un film ultraromantico che un sito (qui la recensione del film) definisce il "I ponti di Madison County" versione gay. La trama è molto semplice: in un paesino immerso nella sfolgorante natura del Nord California abita Everett con il suo compagno e un figlio forse autistico (adottato?); questi ultimi partiranno per un viaggio lasciando solo Everett per una settimana (si intuisce che il rapporto della coppia è un po' arido e insoddisfacente). Nell'amena cittadina arriva l'aspirante scrittore Chase, ed è subito evidente attrazione con Everett, che gli farà da guida e compagnia (scene idilliache in mezzo alle sequoie giganti, a pesca nel fiume, scene che si vorrebbero divertenti con i genitori di Everett, ecc.).
Everett ha ormai una famiglia, che non vuole distruggere, però alla fine cede alle lusinghe della carne; è chiaro però che le strade di Chase ed Everett si devono dividere al termine della settimana di vacanza/lavoro di Chase (e il ritorno del compagno e del figlio di Everett).
La sala era abbastanza piena, forse non abbastanza sdolcinatamente romantica per reggere fino alla fine. La scena che ha fatto piombare nell'ilarità il pubblico è giunta verso la fine, quando Chase va a dare un'ultima occhiata ai bei paesaggi fondali del suo amore impossibile; non si sa come Everett riesce a raggiungere quel posto prima che Chase torni alla sua vita, Chase (che è di spalle) si volta lentamente con sguardo languido verso Everett (che è lontano diversi metri): scoppio di risa di massa liberatorio.
Vi risparmio le scene finali (i due amanti si erano dati appuntamento lì dopo 5 anni esatti - non si sa perchè - e, sorpresa, arriverà invece una donna, cugina di Chase, a portar brutte notizie: nessuno si è commosso però).

Il film bello della serata è stato quello delle 20 e 40, "The Big Gay Musical". Anche se le idee non sono originalissime lo svolgimento è a pieni voti - film davvero divertente, pieno di battute (alcune scene sono davvero esilaranti) e recitato molto bene: mi auguro una prossima uscita nella pur  non vasta produzione di dvd a tema.
Come si evince dal titolo il film narra parallelamente lo svolgimento di un musical che reinterpreta la storia biblica secondo un'ottica gay (ipotizzando una seconda creazione dopo Adamo ed Eva un po' più "divertente" per Dio: Adam e Steve),  e la storia privata dei protagonisti, in un intreccio alternato di pezzi musicali (al solito molto divertenti e ben fatti - i balletti degli angeli sono davvero un portento) e vicende d'amore dei due interpreti principali: Paul è alla ricerca di un legame vero, una storia d'amore che non sia solo sesso, Eddie invece cerca di conciliare la fede con la sua omosessualità, fino ad allora vissuta solo virtualmente (che è poi il tema del musical, che a un certo punto si trasferisce ai giorni nostri e mostra tra le altre cose degli esilaranti siparietti con due teleevangelisti con la missione di guarire gli omosessuali - grandissimi i due attori!).
Certo, il film ha i contorni un po' da favola di tutti i musical a lieto fine, tuttavia i temi che tratta mi sembrano importanti - e certe battute corrosive contro certa religione altrettanto. La sala dello Strehler era pienissima e ha accolto con entusiasmo "The Big Gay Musical" - ci voleva dopo le delusione di "Redwoods".
Invio al sito del film dove si può vedere anche un trailer - non molto indicativo tra l'altro.

Non male anche il film lesbico che ha chiuso la serata: "The Secret Diaries of Miss Anne Lister" è un altro di quei film molto curati di ambientazione storica che la BBC non teme di produrre e distribuire come fosse cosa normale (con scene abbastanza esplicite di baci e sesso che qui susciterebbero scandalo a oltranza). La storia si rifà a una vicenda vera: Anne Lister visse nello Yorkshire nella prima metà dell'Ottocento, erede di terre che poi sfruttò aprendo delle miniere di carbone ed entrando in competizione con i signori del luogo che spadroneggiavano fino ad allora. Donna forte e determinata visse il proprio lesbismo senza cedere a compromessi (compromessi a cui giunse la sua compagna amatissima, che la lasciò per fare un matrimonio di convenienza), e nei diari citati racconta la sua vita piena di donne e relazioni usando un codice che è stato svelato più di 150 anni dopo (se ne parla qui in diversi link nel sito che la BBC dedica a questo film).
Le attrici e gli attori sono di livello, come al solito; si segnala la presenza dell'attrice Anna Madeley (che interpreta l'amata Marianna) già vista in "Affinity" l'anno scorso al festival (tratto da un libro di Sarah Waters). Scenografie curate, ottimi i dialoghi, interessante un certo realismo forse più contemporaneo che storico - il tutto mediato dal tipico humor britannico che in certe scene assume una verve scopertamente comica.

sabato 19 giugno 2010

"Piccole donne"

Quando lessi questo libro ( età tra i 10 e 12 anni) l'identificazione con Jo fu istantanea (e non credo di essere stata l'unica lesbica, tutt'altro).  La difficoltà di crescere al di fuori degli stereotipi di genere accomunava ragazze dell'8oo e ragazze del XX° secolo: abbastanza incredibile a pensarci...
Per dirla attraverso una frase un po' stereotipata Jo era "un maschiaccio", Jo sognava di fare un mestiere (la scrittrice) a quei tempi non molto consigliati per una donna (quello come numerosissimi altri), Jo non ricambiava l'amore di quel simpatico e bel ragazzo di Laurie...insomma, ce n'era per rendermi Jo un personaggio indimenticabile, ma al sottotesto lesbico avrei pensato vagamente solo molti e molti anni dopo.
Ma si può arruolare  Louisa May Alcott tra le lesbiche non dichiarate? Certo, fu protofemminista, certo, non si sposò mai, certo, intervistata dalla scrittrice Chandler Moulton disse pressappoco: "...Io sono per oltre la metà persuasa di avere l'anima di un uomo, messo da qualche scherzo della natura nel corpo di una donna ... Perché mi sono innamorata nella mia vita di tante belle ragazze  e mai una volta di qualche uomo" (orrida traduzione, rimando all'originale, soprattutto al piccolo commento introduttivo che definisce questa affermazione di un "candore pre-freudiano").
Arruolare tutte le zitelle volitive che vissero nell'800 come lesbiche (represse o no) sarebbe uno sbaglio; certo è che  resistere alle pressioni sociali e interessarsi alla condizione femminile in maniera attiva è quasi un prerequisito per attirare su di sè dei forti sospetti (dalle lesbiche col gay-radar, of course...).
Molte  lesbiche di epoche passate non ebbero neanche modo di vivere praticamente in qualche modo la loro omosessualità, che spesso rimaneva latente o mascherata. Della Alcott si sa poco, a quanto ho capito. Nel libro "Picoole donne" Jo alla fine si sposa con il suo professore, assai più grande (che delusione quando lessi questa svolta della trama!); una specie di padre-collega più che un amante, un ottimo surrogato per un quieto vivere che le permettesse di portare avanti la sua carriera senza intoppi (mi pare, cosa che la Alcott però non fece).
Ci sono diverse edizioni cinematografiche tratte dal famoso libro, quella che ho visto più spesso è  del 1949, con Liz Taylor e Janet Leigh, non male, come non male è quella più moderna del 1994 con Winona Ryder e Susan Sarandon.

domenica 13 giugno 2010

Christopher Street Day Milano 2010


Quest'anno sono riuscita a venire a Milano per il Pride annuale (Napoli - dove si svolge il nazionale - è decisamente lontana!) che da un paio d'anni se non sbaglio si chiama "Christopher Street Day" (nome della via del Greenwich Village a N.Y. fulcro del neonato movimento gay negli anni settanta).
[Per vedere la gallery delle foto con relative didascalie  basta cliccare sulla foto qui accanto, link al mio web album]
Rispetto ad altre passate edizioni il corteo è certo stato meno affollato (le cifre date indicano 20.000, per me la metà); tuttavia non è mai da sottovalutare lo sforzo di migliaia di persone che  si prendono la briga di sacrificare un pomeriggio per testimoniare la loro volontà di essere prese in considerazione - specialmente nella richiesta di pari diritti.
Ecco, il tema dei matrimoni omosessuali (inutile attardarsi sulle "unioni civili" quando ormai molti paesi di tutto il mondo arrivano direttamente a quello) era ben poco pubblicizzato nel corteo, se non attraverso pochi cartelli artigianali (quelli che ho fotografato: non credo ce ne fossero molti altri). Una maggiore organizzazione anche nella comunicazione degli slogan della manifestazione avrebbe giovato; e invece al solito (quasi "al solito", altre volte non è stato proprio così) la visibilità va al divertimento fracassoso e a certi eccessi esibizionistici. Chiarisco che per me ognuno può venire al Pride acconciato come gli pare, e che il colore e l'allegria del Pride dovrebbero essere sempre ciò che caratterizza questa manifestazione - però non a scapito di una rappresentazione più varia del mondo gay, che è fatta anche di non esibizionisti, anzi, di gente "grigia" talvolta come il collega etero in ufficio (per dire).
Ho notato in generale una maggiore presenza di elementi abbastanza borderline, "sgarrupati" si direbbe - anche qui il discorso non è di non accettazione del "fuori dal comune", ma di quanto questo "fuori" finisca per caratterizzare una manifestazione che dovrebbe rappresentare gli omosessuali tutti - almeno questo è quanto poi si comunica verso l'esterno, verso il pubblico che ci guarda.
In passate manifestazioni ricordo la presenza di una più equilibrata varietà di tipologia di persone - famiglie, studenti, persone anonime, ecc.
Pazienza, ma almeno mi sarei aspettata un po' più di politica (e non mi riferisco alla presenza di un paio di gruppi di un paio di partiti della sinistra), e anche un atteggiamento un po' più incazzato rispetto alla marea montante delle violenza omofoba in Italia. Insomma, una comunicazione più efficace anche rispetto al nostro ritardo come nazione confrontata con i tanti paesi che ultimamente hanno equiparato il matrimonio omosessuale a quello etero: Portogallo, Islanda, Messico (Messico!!)...
Altrimenti mi chiedo: a cosa serve sfilare in corteo ed arrivare sotto al Duomo? Solo per guardare le facce tra l'allibito e l'incuriosito di milanesi "perbene" e turisti vari?
Io comunque mi sono fermata una volta arrivata alla Scala, si era fatto tardi e dovevo ritornare alla base; il corteo sarebbe poi arrivato a Porta Venezia (fino a poco tempo fa la direzione era contraria - da Porta Venezia al Castello).
Il Pride milanese è stata anche l'occasione di ritrovare le amiche di un tempo (di alcune ho immortalato le scarpe, visibili nell'album fotografico), e di scambiare poche parole, coperte quasi sempre da un baccano che le mie orecchie non più giovanili sopportano a stento.

martedì 8 giugno 2010

La perla di Labuan

Fino ai 16 anni ho vissuto nell'inconsapevolezza di essere lesbica; semplicemente vivevo dentro di me in maniera naturale (ma anche nascosta, in un istintivo senso di difesa) il mio amore per le donne, presente da sempre - ovvero da quando qualsiasi essere umano inizia ad interessarsi e interagire con gli altri simili, riconoscendo tra essi quelli che ci trasmettono più calore, più sentimento, e una indefinibile sensazione di esaltazione e felicità.
Il primo ricordo di una "cotta" per una bambina risale al tempo delle scuole medie: era un'amica di una mia compagna di scuola, la incontravo molto raramente quando andavo a trovare questa compagna a casa sua, durante delle bellissime (per me) partite di ping pong. Questa bambina che suscitava in me sentimenti a cui non sapevo dare un nome ( e neanche mi interessava) apparteneva a una tipologia fisica che poi raramente avrei apprezzato: bionda e con gli occhi azzurri.
Non molto tempo dopo mi sarei innamorata all'istante di una creatura più eterea, un personaggio televisivo, anch'essa bionda e con gli occhi azzurri: "Marianna la perla di Labuan".
Chi è cresciuto negli anni settanta sa l'impatto che ebbe sul pubblico giovanile lo sceneggiato "Sandokan", che lanciò il mitico Kabir Bedi e gli altri personaggi della saga salgariana. Tutte le donne e le bambine erano innamorate di Kabir Bedi, tranne me; io spasimavo per quel personaggio di giovane fanciulla da "salvare", timida e dolce, interpretata da Carole André. Posso ricordare anche il momento esatto in cui iniziò il mio "amore": la famosa scena in cui il prode Sandokan salva la perla di Labuan (caduta da cavallo) dall'assalto di una povera tigre. Su Youtube ho trovato proprio quella scena, qui.
Oggi ricordo con un sorriso quei tempi, quell'ingenuità, quei sentimenti molto puri e molto nascosti; tuttavia la televisione fu un mezzo molto importante per la mia formazione sentimentale (nella "realtà" mi muovevo - allora come adesso - con evidente difficoltà).

giovedì 3 giugno 2010

Julianne Nicholson in "Law and Order - Criminal Intent"

Inauguro qui una "rubrica" all'interno del blog dedicata ai miei "amori" televisivi - ragazze e donne rese affascinanti ai miei occhi dalla contingenza del personaggio interpretato e dall'aspetto fisico, quasi sempre così intrecciati da farmi perdere ogni interesse una volta ritrovata la stessa attrice in altri panni.

Julianne Nicholson è un'attrice che non credo sia molto famosa - anche se la si è vista qua e là in parti non importanti in film e telefilm. Nella serie "Law and Order - Criminal Intent" compare in alcuni episodi della sesta serie (serie funestata da molti cambi di attori e attrici ad alternarsi alla coppia principale Vincent D'Onofrio/Kathryne Erbe) in coppia con Chris Noth (noto per interpretare una parte importante in "Sex and the city", telefilm  di cui ho provato a vedere qualche episodio, annoiandomi a morte: decisamente una serie ad alto tasso di eterosessualità e sesso che non fa per me).
Le foto qui postate danno un'idea del tipo fisico della Nicholson, che fa parte di una tipologia che apprezzo al pari di altre: quella della donna dall'aspetto un po' da ragazzo, con taglio di capelli maschile e in generale look molto poco femminile. In uno degli episodi della serie c'è una scena in cui la coppia di detective interroga una meccanica abbastanza lesbica all'apparenza; quest'ultima e la Nicholson hanno uno scambio di battute con qualche sottinteso, sebbene poi non sviluppato negli altri episodi (dove non si accenna più al possibile lesbismo di Megan Wheeler/Nicholson).
La Nicholson peraltro è abbastanza etero, proprio durante questi episodi di "Law and Order" ha pensato bene di fare due figli con il marito (non poteva farli prima o dopo?!, grrrr....).
Una delle cose che più mi affascina delle ragazze con questo taglio di capelli è la visione della parte posteriore della testa - molto sensuale, a mio parere; e che con questo look non siano poi costrette a essere pesantemente truccate, cosa che le trasforma di solito nelle bambole "fatte-per-l'uomo" inespressive e plasticose.
Per chi fosse interessata e non avesse mai visto i telefilm in questione qui c'è un video su Youtube dedicato proprio alla detective Megan Wheeler.